Contributi pubblici ai nubendi per l’acquisto di alloggi di edilizia economica e popolare: il TAR sospende il provvedimento di revoca, ma pone dubbi sulla giurisdizione

A.V.

Con ordinanza n. 732 del 4/9/2009, il Tar della Toscana ha concesso la sospensione del provvedimento impugnato, con il quale la Regione Toscana aveva disposto la revoca del contributo pubblico concesso al ricorrente per l’acquisto di un alloggio di edilizia economica e popolare ed aveva imposto la restituzione di quanto già a tale titolo erogato. 
Nella decisione del Tar ha prevalso, come era corretto che fosse, l’attenzione alla condizione economica del ricorrente, tale per cui, l’esborso della non trascurabile somma richiesta dalla Regione, seppur a rate come consentito dalla normativa regionale, avrebbe potuto essere fonte di un danno grave ed irreparabile per il ricorrente e la sua famiglia, investendo direttamente le condizioni di vita del nucleo familiare dell’interessato.
A differenza di quanto recentemente accaduto in casi analoghi, in cui il Tar aveva ravvisato nella rateizzazione dell’importo oggetto di restituzione, la possibilità di scongiurare qualunque pregiudizio per il privato, nel caso in esame è stata dato il giusto rilievo alla condizione familiare ed economica dell’interessato ed è stato effettuato il giusto contemperamento tra le diverse posizioni delle due parti in causa, un privato cittadino da una parte ed un Ente Pubblico dall’altra.
Si ritiene, in sostanza, che nel caso in esame lo strumento della tutela cautelare abbia raggiunto appieno la propria finalità conservativa, senza ridursi ad una prematura e sommaria anticipazione dell’esito della fase di merito del giudizio, per la cui definizione è, come noto, necessario seguirne l’integrale svolgimento.
Nella medesima ordinanza, tuttavia, il Tar mantiene ferma la questione già prospettata in precedenza, circa il possibile difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo adito in favore del Tribunale Ordinario.
Si tratta di questione tutt’altro che pacifica, soprattutto in casi quale quello oggetto della ordinanza in esame, in cui la Regione solleva al ricorrente una contestazione che, a seconda dei diversi punti di vista, potrebbe avere ad oggetto requisiti mai posseduti dal ricorrente medesimo, oppure requisiti non acquisiti e/o non mantenuti in epoca successiva all’erogazione del contributo in parola; determinandosi per ciascuno dei due casi, una diversa giurisdizione.

Cartolarizzazione di beni pubblici: è necessaria una puntuale istruttoria sulla effettiva condizione dell’immobile prima di attribuire allo stesso la qualifica di pregio

A.V.
In materia di procedure per la dismissione (cartolarizzazione) di beni pubblici, è stato ritenuto illegittimo il decreto ministeriale di individuazione degli immobili di pregio, adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento agli interessati, inquilini degli immobili qualificati di pregio, e senza una puntuale istruttoria volta ad accertata l’assenza di condizioni di degrado tali da far venire meno la presunzione di “pregio” degli immobili collocati in zona A del centro storico della città.
Il TAR della Toscana annulla il decreto classificazione degli immobili, confermando la necessità della comunicazione di avvio del procedimento e della puntuale istruttoria nelle procedure di dismissione dei beni pubblici, ai fini dell’individuazione della qualifica di pregio degli immobili.
Gli aspiranti acquirenti di immobili di enti pubblici compresi nei procedimenti di dismissione potranno, pertanto, beneficiare del consistente abbattimento del prezzo dell’immobile e delle altre agevolazioni previste dalla normativa applicabile, salvo che – a seguito di una puntuale istruttoria – non venga accertata l’assenza di condizioni di degrado del bene medesimo.
La pronuncia in esame presenta il prego di affermare, con valenza generale, un principio che fino a tale momento aveva trovato applicazione solo nei singoli casi concreti e previo accertamento di determinate condizioni di fatto.

Atti amministrativi che violano il diritto comunitario: come disapplicarli?

M.P.C.
La decisione del Consiglio di Stato (sez. V, 8 settembre 2008, n. 4263) si segnala per riportare nel solco della tradizione nazionale il tema della disapplicazione degli atti amministrativi in contrasto con il diritto comunitario.
Infatti, il punto cruciale della sentenza sta nell’affermazione secondo cui, pure in presenza di un sicuro contrasto di un provvedimento amministrativo con norme o principi comunitari, tale provvedimento non può essere direttamente disapplicato dall’amministrazione; ma solo rimosso con il ricorso ai poteri di autotutela di cui la stessa amministrazione dispone (e che sono disciplinati dalla legge n. 241/1990, come integrata dalla legge n. 15/2005).
Tale conclusione “nazionalizza” il principio dell’obbligatoria disapplicazione di ogni norma o disposizione amministrativa anticomunitaria, da tempo affermato dalla Corte di giustizia. Detto principio comunitario – che è tipica espressione del più generale principio del “primato” del diritto comunitario – deve dunque essere applicato attraverso il filtro del diritto interno sull’autotutela dell’amministrazione.
Si tratta di una posizione oltremodo discutibile, sia in riferimento al diritto comunitario, la cui primazia viene sostanzialmente posta in discussione; sia perché comporta l’annullamento della sentenza del TAR Sardegna, impugnata nella fattispecie (sentenza sez. I, 27.3.2007, n. 549), assai più articolata nella distinzione tra disapplicazione comunitaria ed ordinari poteri di autotutela.
In ogni caso, nelle more di un auspicato ripensamento delle conclusioni giurisprudenziali in esame, occorre prendere atto che la decisione di disapplicare un provvedimento amministrativo per anticomunitarietà deve osservare le condizioni e seguire le procedure di cui alla citata legge n. 241.

Corte dei conti, Direttiva generale per l’azione amministrativa – anno 2008

“La fase attuale della vita dell’Istituto risente fortemente della sempre maggiore, oltre che più puntuale e specifica, domanda di rigorosa e costante vigilanza sulle pubbliche finanze che istituzioni e cittadini rivolgono alla Corte. (…)
In questa ottica ed all’esito di attente rivelazioni e valutazioni coinvolgenti tutte le componenti dell’Istituto, sarà probabilmente necessario procedere alla revisione del corpus di norme organizzative oggi vigenti ed alla loro più proficua applicazione, con particolare riguardo all’art. 13, comma 9, del regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento degli uffici amministrativi e degli altri uffici con compiti strumentali e di supporto alle attribuzioni della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite nell’adunanza del 18 luglio 2001, per la migliore valorizzazione di ogni risorsa necessaria al diretto esercizio delle varie funzioni”.
Così inizia la Direttiva generale per l’azione amministrativa – anno 2008, adottata dalla Corte dei Conti il 23 aprile 2008.