Per il TAR Toscana gli apparecchi Bancomat sono irrilevanti sotto il profilo urbanistico ed edilizio

MARIO P. CHITI

Anni fa una Banca locale aveva realizzato nel muro esterno della propria sede, in una strada importante e trafficata di Firenze, un alloggiamento per sportello Bancomat utilizzando una pratica edilizia semplificata, in quanto considerava lo sportello Bancomat, al più, come volume tecnico.

Il Comune di Firenze aveva invece ordinato il divieto di prosecuzione dei lavori, ritenendo che non si trattasse di volume tecnico, ma vero e proprio intervento edilizio; nel caso qualificabile come impianto abusivo perché in contrasto con le norme del p.r.g. vigente.

La Banca era insorta avverso il provvedimento inibitorio definitivo adducendo che un impianto Bancomat è da ritenere assimilabile ad altri impianti tecnologici più tradizionali, come le cabine elettriche o per la teletrasmissione; quindi da considerare ad ogni effetto come volume tecnico. Secondo la Banca non aveva alcun rilievo la circostanza che gli apparecchi Bancomat non fossero considerati nelle norme urbanistiche dell’epoca, in quanto queste erano risalenti e non comprensive delle più recenti tecnologie (poi divenute comunissime in Città, come dovunque). Per di più è di comune esperienza che questi apparecchi, se ricavati in pareti esterne, occupano un minimo spazio e non possono essere utilizzati per altri usi.

Il TAR Toscana ha finalmente chiuso la controversia con la recente sentenza n. 1990/2012; probabilmente una volta per tutte, dato che la sentenza non lascia molto spazio per l’appello al Consiglio di Stato.

Il ricorso della Banca è stato accolto per le seguenti ragioni: a) l’elencazione degli impianti tecnici nelle N.T.A. dello strumento urbanistico non è tassativa, ma esemplificativa; b) l’apparecchio Bancomat è un impianto tecnologico installato ad esclusiva e migliore erogazione e fruizione del servizi bancari nell’ambito dei locali dell’azienda bancaria e il piccolo spazio ricavato nella parete per la sua allocazione è stato occupato dall’apparecchiatura senza creazione di un vano interno chiuso calpestabile accessibile ai clienti della strada; c) un simile apparato è irrilevante sotto il profilo urbanistico-edilizio.

La conclusione del TAR può certo apparire oggi ovvia e scontata, vista la diffusione degli apparecchi Bancomat e la loro “accettazione” nel contesto edilizio dei centri abitati. Ma è opportuno che si sia messo fine, con una convincente motivazione, ad una controversia in cui il Comune ha difeso sino alla fine le proprie (poco buone) ragioni. Si tratta di piccoli, ma sicuri passi verso il riconoscimento giuridico che le tecnologie si evolvono continuamente e che, ove semplici e contenute come nel caso dei Bancomat, non attentano ad alcun interesse pubblico risultando “irrilevanti”.