Prove scritte di un concorso pubblico: è consentito al candidato scrivere in stampatello maiuscolo e/o numerare le pagine del proprio elaborato

D.S.

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato con una recentissima pronuncia (16 febbraio 2010 n. 877), premesso anzitutto che i segni di riconoscimento idonei a violare la regola dell’anonimato ex
 art. 14, comma 2, del D.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 (posta a tutela dell’imparzialità dell’azione amministrativa) devono consistere in apposizioni grafiche, tali da consentire al lettore di individuare significativamente il soggetto che ha redatto l’elaborato, ha statuito che l’utilizzo di caratteri maiuscoli e l’inserimento della numerazione delle pagine, in mancanza di altri segni, non viola la regola in parola.

Ciò, perché né la numerazione delle pagine (che è una evidente vicenda ordinatoria) né la utilizzazione della scrittura in stampatello maiuscolo, possono fungere da elementi di identificazione del candidato, non avendo gli stessi “carattere oggettivamente distintivo ed anomalo”.

L’uso della scrittura in stampatello maiuscolo, anzi, pur se inusuale, ben può costituire – ha aggiunto il Giudice amministrativo d’Appello – un modo per meglio rappresentare le proprie argomentazioni, soprattutto, da parte di chi teme (ad esempio, per problemi di calligrafia) di non essere ben compreso.

La “riforma brunetta” al vaglio del giudice del lavoro di Firenze

Dichiarato illegittimo l’atto di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro adottato dalla p.a. nei confronti di dirigente che aveva raggiunto l’anzianità contributiva di 40 anni

G.A.

In accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da un dirigente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, destinatario di provvedimento di risoluzione unilaterale del rapporto per compiuto quarantennio di anzianità contributiva, il Tribunale di Firenze – Sezione Lavoro (Giudice Dr. R. Bazzoffi), con ordinanza del 18.12.2009, ha ordinato alla p.a. di sospendere l’efficacia dell’atto di recesso datoriale ed ordinato la reintegra del dirigente.

In motivazione, il Giudice ha affermato che la risoluzione del rapporto di lavoro con il personale che abbia raggiunto l’anzianità contributiva massima di 40 anni, prevista dall’art. 72 del D.L. 112/2008, successivamente modificato dalle L. 133/2008 e 102/2009, costituisce oggetto di una 

facoltà dell’amministrazione, e non di un obbligo.

Se dunque di facoltà si tratta, essa deve essere esercitata anzitutto nei limiti generali della correttezza e buona fede che presidiano l’esecuzione di qualsiasi contratto, ivi compreso quello di lavoro dei pubblici dipendenti, cui è assimilato, in forza dell’art. 51 Dlgs 165/2001, quello dei dirigenti.

In secondo luogo, l’utilizzo della facoltà medesima deve avvenire nell’ambito dei principi costituzionali dell’imparzialità e correttezza dell’azione amministrativa imposti dall’art. 97 Cost.

Nella fattispecie, il recesso della p.a. convenuta assume la consistenza di un licenziamento privo di giustificato motivo, cui è applicabile la tutela reintegratoria ex art. 18 stat. lav. secondo quanto riconosciuto da Cass. S.U. 16.2.2009 n° 3677, sviluppando i principi affermati da Corte Cost. 233/2006, 104/2007 e 103/2007 in materia di spoils system.

Con riferimento, poi, all’incarico di direzione di recente conferito, esso assume la natura di un recesso anticipato non sorretto dalla causale enunciata dall’art. 2119 c.civ. e da’ diritto alla ricorrente di agire in questa sede per ottenere da controparte l’adempimento del contratto ex art. 1453 c.civ.

Concorso pubblico: il candidato non è tenuto a certificare mediante firma o sigla l’avvenuta correzione di un errore

D.S.

In materia di concorsi pubblici, merita segnalare una decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa (sentenza 28 agosto 2009 n. 708), chiamato a pronunciarsi sull’appello promosso da un candidato che si era visto escluso dai posti utili ai fini dell’assunzione di una (riformulata, in via di autotutela, da parte dell’Amministrazione banditrice) graduatoria concorsuale, per non aver provveduto, una volta avvedutosi di taluni errori durante lo svolgimento della prova scritta, a certificare la correzione mediante firma o sigla; il candidato si era, infatti, limitato nell’occasione ad apporre la sigla "deleta" sulla risposta errata ed a fornire quella corretta a margine del foglio.
Il Collegio siciliano, condividendo la tesi del ricorrente, ha sancito che non è previsto alcun obbligo di certificare le correzioni a carico dei concorrenti, essendo quest’ultimi tenuti a fare solo in modo che il testo corretto risulti ancora leggibile. Né può considerarsi applicabile – ha aggiunto lo stesso Collegio -  l’art. 13 della legge n. 15/1968, sulle modalità di redazione degli atti pubblici, peraltro, abrogata dal D.P.R. n. 445/2000.
Non solo. Richiedere l’apposizione della firma o di una sigla accanto alla correzione – come correttamente rilevato dal C.G.A. – equivarrebbe a sacrificare l’esigenza dell’anonimato, imprescindibile ai fini della par condicio tra i concorrenti e, dunque, di una imparziale gestione delle procedure concorsuali da parte delle Commissioni esaminatrici.

Si può essere esclusi dalle prove orali di un concorso pubblico solo se assenti all’ora prevista per l’inizio della propria prova

D.S.
Il  TAR Lazio - Roma (sez. II bis, sentenza 1° luglio 2008, n. 6339), chiamato a pronunziarsi sulla legittimità di un provvedimento di esclusione da un pubblico concorso, ha statuito che la previsione contenuta in un bando secondo cui va escluso dal concorso il candidato che non si presenti all’ora fissata per lo svolgimento di ciascuna prova, deve essere interpretata, se riferita alle prove orali, nel senso che la esclusione può essere legittimamente disposta solo in caso di assenza all’ora prevista per l’inizio della prova per quel candidato, secondo l’ordine prefissato dalla stessa Commissione (ad es. per sorteggio), e non già all’ora prevista genericamente per l’inizio dei colloqui.
Una diversa interpretazione della prescrizione contenuta nel bando – secondo il GA – verrebbe, infatti, a porsi irragionevolmente in contrasto con il principio del favor partecipationis giacché l’esclusione conseguente alla mera assenza all’apertura dei colloqui del candidato, ma regolarmente presente al momento stabilito per lo svolgimento della sua prova, non rinviene giustificazione né in esigenze di salvaguardia della par condicio fra i concorrenti, né in esigenze di tipo organizzativo apprezzabili.
Conseguenza pratica di questa pronuncia, quindi, è che chiunque prenda parte ad un concorso e debba sostenere la prova orale non può essere escluso per il sol fatto di non essersi presentato all’ora stabilita nel bando per l’inizio dei colloqui, richiedendosi di contro ai fini della legittimità del provvedimento di esclusione che il candidato non sia presente nel momento in cui, secondo l’ordine seguito per lo svolgimento della prova, lo stesso è chiamato a sostenere il proprio esame orale.
Con la interessante pronuncia in commento, nel dare seguito ad un unico precedente, risalente all’anno 1993, rinvenibile nella giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 25 ottobre 1993, n. 1104), si è dunque tentato di fare chiarezza sulla corretta interpretazione dei bandi concorsuali nel rispetto, in primis, del richiamato principio del favor partecipationis.