Bonifica e messa in sicurezza d’emergenza di siti inquinati

A.V.

Con le ordinanze nn. 1996 e 1997 del 2010, la VI sezione del Consiglio di Stato ha rigettato le istanze cautelari di sospensione avanzate dai Ministeri appellanti rispettivamente avverso l’ordinanza cautelare 906/2009 e la sentenza 1540/2009 emesse inter partes dal TAR della Toscana.
La controversia oggetto delle suddette pronunce trae origine da una lunga ed articolata serie di provvedimenti adottati dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in taluni casi di concerto con altre amministrazioni statali, nell’ambito di talune conferenze dei Servizi decisorie aventi ad oggetto la bonifica e la messa in sicurezza di un sito industriale inquinato.
Nello specifico, l’Amministrazione imponeva al soggetto privato – il quale, pur non essendo responsabile dell’inquinamento del sito, aveva già posto in essere spontaneamente interventi di messa in sicurezza ed avviato la progettazione della bonifica definitiva dell’area - l’esecuzione di un intervento (c.d. “Barrieramento Fisico” delle acque) assai gravoso, sia in termini economici che di impatto ambientale.
Avverso tali decisioni, reiterate e ripetute nel tempo, la società privata proprietaria del sito ha promosso due distinti ricorsi dinanzi al Tar Toscana, lamentando, tra le altre cose, la carenza di motivazione ed il difetto di istruttoria, avendo l’Amministrazione statale disposto l’esecuzione di un cosi gravoso intervento in mancanza di adeguato approfondimento tecnico sull’effettiva funzionalità ed efficacia dello stesso, sull’assenza di alternative più economiche e meno invasive, sugli effetti dell’intervento sull’ambiente, sui costi e tempi esecutivi ed infine sulla eventuale (in)sufficienza dell’intervento spontaneamente realizzato dal privato.
Con sentenza n. 1540/09 il Tar della Toscana aveva accolto il ricorso del proprietario del sito, riconoscendo la fondatezza delle censure mosse dal ricorrente con riferimento proprio alla carenza di istruttoria e motivazione in relazione all’intervento imposto dal Ministero; con successiva ordinanza n. 906/2009, il Tar accoglieva altresì l’istanza cautelare proposta dal medesimo ricorrente unitamente ad un ulteriore ricorso, promosso avverso provvedimenti riproduttivi e reiterativi del medesimo adempimento (esecuzione della barriera fisica).
Il Ministero dell’Ambiente unitamente alle altre amministrazioni statali coinvolte nel procedimento in questione hanno proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato avverso le due pronunce suddette, chiedendo la riforma dell’ordinanza e la sospensione in via cautelare della sentenza.
Con le ordinanza sopra indicate – 1996 e 1997 del 2010 – il Consiglio di Stato ha rigettato le istanze delle Amministrazioni, ritenendo “che l’Amministrazione appellante non ha fornito elementi dirimenti in ordine al fatto che la mancata realizzazione della barriera fisica (in aggiunta alla barriera idraulica già in funzione) determinerebbe un pregiudizio grave ed irreparabile al preminente interesse alla salvaguardia ambientale. Si tratta, tuttavia, di un assunto che postulerebbe la previa motivazione (che nel caso di specie è mancata) in ordine all’effettiva inidoneità del sistema di barrieramento idraulico ad impedire la diffusione degli agenti contaminanti e all’indubbia idoneità del sistema di barrieramento fisico a conseguire i medesimi obiettivi, anche in relazione all’impatto dell’opera realizzanda sul complesso di interessi che nella specie vengono in rilievo”.
Seppur con riferimento alla sola fase cautelare, il Consiglio di Stato lascia chiaramente intendere di condividere l’impostazione già manifestata dal Tar in primo grado circa la necessità che l’Amministrazione - all’atto di imporre un sistema di messa in sicurezza o di bonifica di un sito inquinato – debba previamente accertare e conseguentemente motivare l’effettiva necessità di detto intervento avuto riguardo al suo impatto sugli interessi coinvolti, nonché l’inidoneità dell’intervento del privato al perseguimento del medesimo obiettivo.
La decisione appare degna di nota, in quanto riconferma un’impostazione che - pur in precedenza già espressa dallo stesso Consiglio di Stato - era stata recentemente messa in discussione da una decisione emessa della medesima Sezione (n. 8710/2009) su questione analoga, nella quale la scelta dell’intervento di messa in sicurezza e bonifica veniva fatto rientrare nell’ambito della discrezionalità tecnica dell’Amministrazione e come tale non censurabile salvo ipotesi di palese inattendibilità.